Il cibo in Liguria dalla preistoria all'età romana

 

il cibo in liguria dalla preistoria all'età romana

Ospite dell’antica e gloriosa associazione “A Compagna”, su invito del professor Bampi il nostro direttore Umberto Curti il 18 gennaio scorso ha presentato il proprio saggio Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana presso l’oratorio di San Salvatore, in piazza Sarzano a Genova. 

Tanti i convenuti, oltre 70 persone, per una riuscita giornata d’approfondimento circa le nostre origini e la “sopravvivenza” alimentare in Liguria sino all’arrivo di Roma. Un viaggio dal frantoio del Varignano a Zignago, dalla Tavola Bronzea di val Polcevera agli orti di Albingaunum... 

Il question time conclusivo ha poi percorso aspetti – diversi e molteplici - che Umberto Curti, per ovvie ragioni di sintesi, nell’ora di speech non aveva potuto tutti approfondire: l’altezza del livello del mare durante il Paleolitico, le proto-cotture dei cibi, la presenza del castagno, l’arrivo del basilico…

In un tempo che tutto accelera e digitalizza, la conferenza ha viceversa percorso in modalità slow e divulgativa (Umberto Curti vanta lunga carriera nel public speaking…) un passato che deve rimanere compiutamente memoria, perché il domani che non poggi sull’ieri ha sempre basi fragili. Quel che siamo stati, i luoghi che abbiamo abitato o disertato, il cibo che abbiamo prodotto (o importato) e mangiato, le divinità che abbiamo venerato…gettano tuttora uno sguardo rivelatore sull’etnogenesi dei Liguri e sulle – uso il plurale - “biodiversità” che ci caratterizzano.

E la sostenibilità ambientale, i valori del terroir, il genius loci sono oggi fondanti anche in termini di filiere accorciate, cultivar autoctone, cibo pulito, buonessere, turismo esperienziale, di cui non a caso Umberto Curti si è continuamente occupato e s'occupa, accanto a studenti, destinazioni, imprese (clicca questo link).

Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana è libro che a suo tempo colmò un vuoto nella storiografia sin lì disponibile, ma al tempo stesso continua a suggerire input "archeogastronomici" e perfino di marketing territoriale, poiché lo straordinario fil rouge di beni archeologici che da Lunae ad Albintimilium punteggia la Liguria è verosimilmente sottodimensionato quanto a conoscibilità e fruizioni, e potrebbe/dovrebbe viceversa assurgere a risorsa turistica d’eccezionale e concretissimo appeal.

Luisa Puppo

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