Un uomo, un genovese, un italiano




Il 10 marzo 1872 alle 13.30, in casa di Janet/Giannetta Nathan Rosselli a Pisa, in via della Maddalena 38, sotto il falso nome di (dottor) George Brown si spegneva Giuseppe Mazzini, ormai sfinito dai tanti travagli. Clandestino in patria, che sfuggiva alle guardie regie per non aver abiurato all'idea repubblicana... Il grande pittore macchiaiolo Silvestro Lega, mazziniano, lo ritrae negli ultimi istanti di vita. 

Le sue spoglie giunsero a Genova in treno (viaggio interminabile*, poiché la tratta diretta non era completa), accolte ovunque da una folla affettuosa, per esser trasferite al cimitero di Staglieno, dove il patriota tuttora giace. Furono momenti più "pasquali" che di rivolta antimonarchica. Il 10 marzo dell'anno seguente la salma imbalsamata fu esposta al pubblico, come leggiamo in un passo del garibaldino Giulio Cesare Abba, ciò che si ripeté - per l'ultima volta - nel 1946, festeggiando dopo il 2 giugno la definitiva vittoria della Repubblica sui Savoia.

Nel 150° anniversario della morte, Genova ha celebrato questo suo figlio con una serie di eventi, dal 10 al 17 marzo.

Si è iniziato doverosamente al Museo del Risorgimento, in via Lomellini, con l'annullo filatelico, in contemporanea con Pisa, di un francobollo emesso per l’occasione da Poste Italiane, e con un'originale analisi grafologica delle (numerose) lettere che Mazzini indirizzò nel corso della vita e che sono conservate nel Museo stesso. Il 14 marzo al teatro Carlo Felice la Filarmonica Sestrese (primo coro musicale a suonare l'inno di Mameli al suo esordio, nel 1847) ha accompagnato il soprano Elisabetta Isola e il pianista Alberto Perfetti, diretti dal maestro Matteo Bariani, attraverso brani collegati all'Unità d'Italia. La settimana di eventi non poteva che concludersi al cimitero monumentale di Staglieno: ad accompagnare la deposizione di una corona, l'inno nazionale. "Questi eventi - spiega l'assessore alle Politiche culturali, Barbara Grosso - danno il via a un percorso di riflessione e memoria sulla figura del patriota genovese, che si concluderà il prossimo anno e che prevede celebrazioni in tutta Italia con la regia del Comitato Nazionale per i 150 anni della morte di Mazzini, istituito dal ministero della Cultura".

Perché mai le mandorle nella foto? Come già avemmo modo di scrivere, e proprio su questo blog, in un’affettuosa lettera alla madre Maria Drago, spedita da Grenchen il 28 dicembre 1835, quindi durante l’esilio svizzero, Mazzini propone anche la ricetta di una golosa torta, alle mandorle, finemente macinate. Pare che Mazzini, pur non esperto di cucina, amasse non di meno il cioccolato (antidepressivo), e che questa torta si legasse anche ai rapporti e alla vicinanza (non solo politica) che Mazzini intratteneva con Giuditta Bellerio Sidoli, donna emancipatissima per l’epoca, tra i fondatori del giornale La giovine Italia, figura di nobili spiriti che meriterebbe ben maggiori attenzioni storiografiche… Quanto alla torta, gastronomicamente essa è un sostrato di pasta (sfoglia, ma alcuni privilegiano la frolla o la brisée) dal ripieno cremoso e agrumato, cotta poi in forno a 180°C. Oggi, certo, sappiamo anche abbinarle un Moscato  o – secondo preferenze - un passito a bacca bianca.

* via Pistoia - Bologna - Alessandria

Umberto Curti, direttore associazione GenovaWorld

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