Genova e l'America, ma prima di Colombo


Fra le conferenze in programma, “La storia in piazza” (Palazzo Ducale, Genova) ha previsto quest’anno anche Notizie genovesi sull’America, un secolo prima di Colombo, a cura del professor Paolo Chiesa, docente di letteratura latina medievale all’Università Statale di Milano. Davvero, come si suol dire, un’occasione da non perdere.

Un frate domenicano milanese, Galvano Fiamma (1283-1345), alcuni anni prima di morire compila una Cronica universalis in cui accenna ad una terra, chiamata Marckalada*, posizionata ad ovest della Groenlandia, ben oltre l’Atlantico fin lì noto… Ne avrebbe appreso l’esistenza da un presbitero-cartografo genovese, cui evidentemente queste notizie giungevano da marinai genovesi che solcavano i mari del nord. Ciò, ancora una volta, confermerebbe la centralità di Genova nelle economie mercantili del tempo, tanto che le cartine e i portolani dell’epoca usualmente la raffigurano “tripla” rispetto a Parigi ecc., una dimensione che la dice lunga circa la sua importanza come crocevia non solo di merci…

La Cronica galvaniana meriterebbe – dato che non l’ha mai avuta - un’edizione critica, ma è “inaccessibile” presso una collezione privata (che la acquisì ad un’asta nel 1996), negli Stati Uniti.


Cosa sappiamo dell’autore? Non poco: anzitutto che Galvano, intellettuale facoltoso e sapiente, non era certo un terrapiattista. Scriveva, copiosamente, di storia e geografia anche per comprendere sin dove vivessero uomini, sin dove il pianeta potesse ospitarli. E i marinai che da Danimarca e Norvegia si spingevano all’Islanda e alla Groenlandia riferivano, di ritorno da quei luoghi, di “ulteriori” terre boscose, con edifici in pietra, e ricche di animali e uccelli… Prendevano beninteso forma, nel ‘300, già alcune (4) fonti che rievocavano le imprese di Erik il Rosso, l’esploratore (si suppone che suo figlio Leif abbia raggiunto Labrador e Terranova), ma era necessario – in vista di eventuali “colonizzazioni” – verificare quanto una terra fosse coltivabile, donasse legname, potesse accogliere pascoli, e potesse divenire una base commerciale per lucrosi traffici…

Galvano verosimilmente entrò in contatto con Giovanni da Carignano, un domenicano-cartografo genovese, cui pervenivano informazioni da equipaggi genovesi che da Gibilterra (rotta riaperta nel 1277) proseguivano per le Fiandre, la Germania settentrionale, le coste sud dell’Inghilterra, e quindi “fronteggiavano” le lunghe, temerarie rotte por el poniente… Là dove marinai scandinavi portavano ai colleghi genovesi soprattutto le pellicce e i falconi**.


A fine ‘400, dunque, Cristoforo Colombo ancora poteva non sapere? O qualcosa anche tramite la tradizione orale circolava fra gli addetti ai lavori? Non potremo mai a domande come queste garantire una risposta certa. Vero è, tuttavia, che Colombo si orientò verso rotte più meridionali (rispetto a quelle che apprende e a cui allude Galvano), in cerca di oro e spezie, in cerca di business, e certamente non di legname o d’altri materiali comuni e perciò di poco valore.

A tutto ciò inoltre si addiziona, per così dire, anche la vicenda di poco antecedente dei fratelli genovesi Ugolino e Vadino/Vandino/Guido Vivaldi, narrataci dall’annalista Iacopo Doria, zio del principale sovvenzionatore dell’impresa, Tedisio/Tedesio Doria.

Il quale, nel 1292, partì proprio alla ricerca di quei Vivaldi, che con finalità commerciali l’anno precedente – anno della caduta di San Giovanni d’Acri… - erano salpati su due galere per giungere in India circumnavigando l’Africa (!), ma raggiungendo solo le Canarie e Cape Juby nel sud del Marocco, luoghi dai quali dei due non si seppe più alcunché: naufragati, catturati, chissà. Mistero cui forse si legò anche e perfino Dante Alighieri, tratteggiando (canto XXVI dell’Inferno) il suo Ulisse, e il folle volo oltre le colonne d’Ercole. Scrive Iacopo Doria che

“In quest’anno [1291] Tedisio Doria, Ugolino Vivaldi e suo fratello, con alcuni altri cittadini di Genova, intrapresero un certo viaggio che nessuno prima d’ora aveva osato tentare. Infatti armarono di tutto punto due galee e […] le fecero partire, nel mese di maggio, verso lo stretto di Gibilterra, con l’intenzione di andare, attraverso l’Oceano, alle regioni dell’India e di portare da là lucrose merci. Sulle navi si imbarcarono di persona i due fratelli Vivaldi e due frati; […] dopo che ebbero superato la località che si chiama Gozora (Agadir) non avemmo più alcuna notizia sicura di loro”.

Le galere, navi a remi e dagli scafi bassi e sottili, erano sull'oceano imbarcazioni alquanto “ottimistiche”; inoltre i Vivaldi non disponevano di bussola e pertanto erano costretti a navigare sempre il più possibile sottocosta (bordeggiando), con ripetuti approdi. Verosimilmente toccarono le Canarie, dove poi Lanzerotto Malocello (donde il nome di Lanzarote…) fu inviato da Genova per comprendere l’accaduto e individuarli, e di lì seguirono sino alla foce del Senegal, dove una galera fece naufragio e l'equipaggio, con le vettovaglie ecc., fu trasferito a bordo dell'altra (https://www.dantealighiericanarias.es/cultura/nuova-luce-sulla-sorte-dei-coraggiosi-fratelli-vivaldi-da-un-inedito-manoscritto-medievale-furono-loro-i-primi-a-circumnavigare-lafrica/).

Nel 1315 il figlio di Ugolino, detto Sorleone, pianificò e realizzò una - purtroppo vana - ricerca del padre e dello zio. La notizia, malcerta, si trae da un Libro del conocimiento (opera di un frate castigliano, 1350-1385***), poiché menziona genovesi prigionieri nel regno di Abdeselib (con capitale Graciona), confinante ed alleato di quello del leggendario re cristiano Prete Gianni****. Leggiamo che:

“Mi dissero in questa città di Graciona che i Genovesi che si sono salvati dal naufragio di una delle due gallee sono arrivati rocambolescamente fino a qui, anche se non è noto cosa accadde all'altra galea. Quando giungemmo presso la città di Magdasor (Mogadiscio?) conoscemmo un genovese, detto Sor Leone, che stava cercando suo padre, che era rimasto in una delle due galee. Il re di Graciona diede tutti gli onori a Sor Leone, ma non gli permise di viaggiare attraverso il regno di Magdasor perché il cammino era difficile e pieno di pericoli”.

Nel 1455 il nobile Antoniotto Usodimare, altro navigatore genovese, che viaggiava col giovane veneziano Alvise Cadamosto al servizio del Portogallo, riferì in una lettera di colloqui coi nativi e di un incontro, nei pressi del fiume Gambia (Senegal), con un giovane "della nostra stirpe", che comprendeva il genovese e in genovese si esprimeva, dichiarandosi discendente proprio dei superstiti di quella spedizione.

In base a quanto variamente tramandato dopo la scomparsa dei Vivaldi, i due avrebbero realmente circumnavigato l'Africa raggiungendo l’Etiopia, dove li avrebbe catturati Prete Gianni, figura associabile al re d'Etiopia, in un’area dove si era appena instaurata la dinastia salomonide (si veda qui la nota 4). Ma il regno leggendario di Prete Gianni non venne mai definitivamente individuato.

Altri accenni alle vicende familiari dei fratelli Vivaldi, e all’entità del loro agire commerciale-patrimoniale negli anni sùbito antecedenti la fatale impresa, ricavabili da atti notarili dell’Archivio di Stato di Genova, sono stati rintracciati da Charles de La Roncière e Paolo Revelli; e nel 1972 Gilliam Moore vi avrebbe rintracciato contenuti idonei ad ipotizzare novità circa la spedizione. Ma si veda anche F. Surdich, Gli esploratori genovesi del periodo medievale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, Bozzi, Genova 1975, pp. 41-61 (con vasto corredo bibliografico).

“Parliamo un poco del mondo e delle cose che vi si trovano. Molte ve ne sono che conosciamo e molte di più che non capiamo, eppure sono numerosi coloro che credono solo alla realtà di ciò che hanno visto e direttamente sentito. Ma vi è molto di più, per chi sa ben cercare; più andrà per il mondo, più lo apprenderà”, recita il prologo di una versificazione anglo-normanna.

Però, come noto, per il raggiungimento dell’India - circumnavigando l’Africa al Capo di Buona Speranza - fu necessario attendere le gesta di Vasco de Gama, anno domini 1497…

Note al testo

*Marckalada è anche il titolo del saggio che Paolo Chiesa ha recentemente dedicato alla vicenda (edizioni Laterza). Suggerisco tuttavia, ai più interessati, anche la lettura de C.W. Ceram, Il primo americano. Archeologia e preistoria del Nordamerica, edizioni Einaudi, Torino, 1972.

**non a caso cari tanto a Federico II di Svevia quanto ai sultanati egizi…

*** Libro del conocimiento de todos los rregnos et tierras e señoríos que son por el mundo et de las señales et armas que han è un manuale geo-araldico castigliano, scritto come un immaginario diario di viaggio autobiografico di un frate mendico, attraverso il mondo intero, noto e ignoto, dalle isole più occidentali dell'Atlantico, attraverso l'Europa, l'Asia, l'Africa e l'Artico, identificando via via tutte le terre, i re, i signori e le loro armature... L'unica informazione esplicita è che l'autore, anonimo, dichiara di essere nato in Castiglia nel 1305.

****la leggenda di Prete Gianni – su cui si veda anche il bel saggio di Carla Amirante Romagnoli liberamente fruibile online Il Prete Gianni tra leggenda e realtà - origina come noto da una lettera in latino ricevuta dall’imperatore bizantino Manuele I Comneno nel 1165. Suo mittente era: “Giovanni, Sovrano Cristiano e Signore dei Signori”. La lettera tratteggiava le opulente proprietà di tale sovrano nel centro dell’Asia. Costui riferiva niente di meno che di dimorare in un immenso palazzo di gemme e d’oro e di governare su un territorio esteso dalla Persia fino alla Cina... Per molti anni al mito di Prete Gianni fu perciò abbinato l’auspicio di raggiungere quel regno sfarzoso, dove appagare tutti i piaceri non solo materiali... Si trattò di un El Dorado medievale, ma tanto cercato quanto mai trovato. Marco Polo nel Milione aveva narrato di un insigne imperatore seguace dell’antica eresia nestoriana, condannata nel concilio di Efeso del 431 (per i nestoriani le due nature di Gesù, umana e divina, sono rigorosamente disgiunte). In realtà esistettero due regni cristiani fuori dall’Europa, appunto l’impero del mongolo nestoriano ed eroico condottiero Khan Yeliutashi, nel XII secolo, e il regno etiope, le cui genesi favolose risalgono alle nozze tra il re Salomone e la regina di Saba (donde dinastia salomonide). La prima spedizione marittima in cerca del regno di Prete Gianni salpò da Genova, nel 1291, con le due galere al comando dei fratelli Ugolino e Guido Vivaldi, che dopo Gibilterra si dissolsero nell’immensità dell’Atlantico. Ecco il passo di Antoniotto Usodimare, tratto dagli archivi genovesi: "Nell’anno 1285 due galee salparono da Genova comandate dai fratelli Ugolino e Guido Vivaldi, con l’obiettivo di andare verso l’est, verso le parti di mondo conosciute come Indie. Codeste galee quando entrarono nel mare di Guinea, una di esse fece naufragio e non poté continuare. L’altra continuò navigando e costeggiando fino ad arrivare all’Etiopia presso una città detta Menam. I genovesi furono catturati e detenuti da codesti abitanti cristiani d’Etiopia, sudditi del Prete Gianni. La città si trova presso il fiume Gion. Furono detenuti per lungo tempo cosicché nessuno poté rientrare in Patria." Da rilevare che il fiume Gion, menzionato nel Libro della Genesi, sarebbe quello che scaturisce dal Giardino dell’Eden. Gli Etiopi lo identificavano come Nilo Azzurro, fiume che origina sull’altipiano etiopico presso il lago Tana. Si veda anche https://arcadia.sba.uniroma3.it/bitstream/2307/4906/1/Un%20genovese%20a%20Mogadiscio%20nel%20%27300_RCI.pdf 

Umberto Curti, direttore dell'associazione GenovaWorld

 

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